3. La documentazione fotografica
Le foto che vengono presentate per questa ricerca sono
essenzialmente di due tipi:
1) foto d’epoca inedite (dagli anni Trenta agli
anni Cinquanta del secolo scorso), che ritraggono sia momenti della costruzione
del Villaggio Morelli a Sondalo, che momenti relativi alle prime fasi
di utilizzo del medesimo. Tutte le immagini furono scattate (salvo diversa
indicazione) da Guido Bonesio, impegnato come geometra nella costruzione
del Sanatorio e successivamente responsabile, insieme ad Emilio Zorzoli
e Miro Salvalai, dell’Ufficio Tecnico del “Morelli”
fino al 1964. Alcune foto sono invece relative al complesso dell’Abetina,
e ritraggono padiglioni demoliti verso la metà degli anni ’50.
2) Fotografie scattate tra il 1990 e il 1995 da Caterina
Resta al Villaggio Morelli e all’Abetina, volte a cogliere il valore
monumentale ed architettonico dei complessi sanatoriali. Si tratta nella
stragrande maggioranza dei casi di immagini di esterni (facciate, dettagli
costruttivi, viadotti, arcate, scorci di insieme) in relazione al paesaggio
circostante, intese a mostrare l’eccezionale valore estetico e simbolico
(e nel caso del “Villaggio Sanatoriale”, urbanistico) del
paesaggio culturale che ne deriva, ma anche a documentare il progrediente
stato di degrado delle strutture edilizie, degli abbellimenti botanici,
piantumazioni, giardini pensili e spazi di contemplazione e ricreazione
(piscina, campo da tennis e bocce), oltre che una serie di discutibili
interventi “funzionali”.
In aggiunta a questi aspetti andrebbe documentato quello dell’abbandono
e del degrado del bosco interno e finitimo all’Ospedale Morelli,
esempio notevole di selva di conifere e larici, brano della splendida
“pineta” secolare che copre le pendici del Monte Sortenna:
un elemento che, ai tempi del funzionamento di queste strutture come sanatorio,
era mantenuto e valorizzato anche in virtù del suo valore terapeutico
(e perciò i boschi attigui e interni erano stati dotati di sentieri,
panchine di sosta, parapetti, oltre che venire regolarmente puliti e curati).
Va osservato che la mappa dei sentieri ad uso dei pazienti, non meno che
le regole e i limiti di accesso tra un sanatorio e l’altro, o tra
i sanatori e l’esterno, costituivano un aspetto molto significativo
del modo di segnare il territorio secondo una simbolica del risanamento,
della precauzione nei contatti, del regime del lecito e del vietato, ma
anche secondo una chiara concezione del valore estetico della naturalità
e dei suoi effetti: l’aria balsamica del bosco e le vedute sulla
valle e verso le montagne, la possibilità di godere della selva
in una parziale accessibilità e comodità. Del resto, questa
concezione, che era alla base dell’ideale di risanamento di Ausonio
Zubiani, è spettacolarmente esplicitata nella collocazione elevata
e panoramica degli originari edifici della “Pineta di Sortenna”,
disposti a semicerchio sul monte, sia per accogliere il più a lungo
possibile la luce del sole, che per sottolineare, in un’implicita
citazione, la circolarità della struttura paesaggistica della conca
di Sondalo. È quasi inevitabile osservare come questa unitarietà
terapeutica, simbolica, strutturale e paesaggistica sia andata in frantumi
con l’affermarsi di visioni “funzionali” e “aziendali”
della gestione della malattia e dei luoghi: gli splendidi spazi piantumati
con essenze pregiate e alberi monumentali sono stati trasformati in parcheggi
per auto, moltissimi alberi sono stati abbattuti, e il bosco versa in
un deprecabile stato di degrado e sporcizia.
3) Fotografie scattate nel 2004 a Prasomaso e a “L’Alpina”
da Luisa Bonesio, Caterina Resta e Silvia Menatti. Anche queste foto,
per la maggior parte degli scatti, forniscono una documentazione sia del
complesso edilizio in tutti i suoi aspetti, sia di momenti successivi
degli effetti degradanti dell’abbandono.
Una serie di immagini privilegia il tema architettonico ed estetico della
finestra, anche come richiamo alla qualificazione formale che la maggior
parte degli edifici del complesso possedeva. In molte immagini, sia pure
attraverso lo stato di inselvatichimento delle piante ornamentali del
parco circostante, è possibile cogliere il senso paesaggistico
(oltre che terapeutico) della scelta del luogo.
Anche nel caso di Prasomaso valgono le osservazioni già fatte per
i complessi di Sondalo: insostenibile e inaccettabile stato di abbandono
degli edifici, degrado ambientale grave nel bosco che li circonda, pericolo
di crollo e di ulteriori danni per le sopravviventi strutture dell’“Alpina”
e inselvatichimento della vegetazione.
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Luisa Bonesio
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