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2. L’Europa tra la vita e la morte L’Europa è all’inizio.
Già da molto tempo l’inizio dell’Europa è in
gestazione: nascite, rinascite, aborti, brusche interruzioni non fanno
che confermare quella profonda aspirazione che Hegel ha potuto riconoscere
come il fine e la fine della storia universale. Una potente immagine geofilosofica
ne ha veicolato l’imporsi su scala planetaria, quella di un piccolo
promontorio del continente asiatico che, nel suo protendersi, si mostra
come caput mundi. Da Nietzsche a Valéry,
da Heidegger, a Schmitt fino a Derrida (3),
l’inizio come la fine dell’Europa, nel senso del suo compimento,
non possono prescindere dalla figura di questo promontorio che avanza
nel mare, stagliandosi rispetto a quel vasto continente che si lascia
alle spalle. Da questa figura di capo che colloca l’Europa in capo
al resto del mondo, essa ha irradiato la sua forza spirituale ovunque,
allargando a dismisura i propri confini. È divenuta prima America,
Nuovo Mondo rispetto al vecchio continente che era la madrepatria dei
primi intraprendenti coloni, e poi ‘Occidente’, in un’accezione
che, lungi dal designare solo l’emisfero occidentale, riveste ormai
un significato globale e planetario.
3. Cfr. F. Nietzsche, Al
di là del bene e del male, tr. it. di F. Masini, Adelphi,
Milano 1993, p. 59, af. 52: «si andrà meditando tristemente
sull’antica Asia e sull’Europa, la sua penisoletta avanzata,
che vorrebbe rappresentare a tutti i costi, rispetto all’Asia, il
“progresso degli uomini”». La stessa immagine ritorna
in uno scritto di P. Valéry, Crise de
l’esprit del 1919: «L’Europa diventerà
forse quello che è in realtà,
e cioè un piccolo capo del continente asiatico? Oppure l’Europa
rimarrà quello che appare, e
cioè la parte preziosa dell’universo terrestre, la perla
della sfera, il cervello di un vasto corpo?», e ancora: «Ma
che cos’è dunque quest’Europa? È una specie
di capo del vecchio continente, un’appendice occidentale dell’Asia.
Essa guarda naturalmente verso Ovest» (P. Valéry, La
crisi del pensiero e altri “saggi quasi politici”,
a cura di S. Agosti, il Mulino, Bologna 1994, pp. 35 e 44). La prima di
queste due citazioni di Valéry viene ripresa e commentata da Heidegger
in una conferenza del 1959, Terra e cielo di
Hölderlin, in La poesia di Hölderlin,
tr. it. di L. Amoroso, Adelphi, Milano 1988, p. 211. Su di essa, infine,
si esercita il paziente lavoro di decostruzione di J. Derrida, Oggi
l’Europa, tr. it. di M. Ferraris, Garzanti, Milano 1991.
Sul destino dell’Europa, tra terra e mare, fondamentali risultano
le riflessioni di C. Schmitt di cui ricorderemo soltanto Terra
e mare, tr. it. di A. Bolaffi, Giuffré, Milano 1986 e l’opus
magnum, Il nomos della terra nel diritto
internazionale dello “Jus publicum Europaeum”, tr.
it. di E. Castrucci, Adelphi, Milano 1991.
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