Caterina Resta
10 tesi di Geofilosofia
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P. Klee,
Ancient Sound |
1. L'assunzione del nichilismo come
orizzonte epocale
La Geo-filosofia, come la parola stessa suggerisce, vuole
essere una filosofia della Terra. L'intenzione che in primo luogo la guida
è quella di riportare la terra al pensiero, nella convinzione che
quest'ultimo l'abbia perduta. Comprendere come ciò sia potuto accadere
è dunque il primo passo necessario lungo il cammino che intende
riappropriarsene. L'assunzione del nichilismo, secondo la profonda comprensione
che ne ebbero pensatori come Nietzsche, Heidegger, Schmitt o Jünger
è l'orizzonte epocale nel quale giunge alla sua massima espressione
di pensabilità il carattere intrinsecamente nichilistico e distruttivo
del pensiero occidentale, nella planetaria devastazione della Terra.
Non si tratta solo della visibile distruzione
della natura, ma di ciò che, più originariamente, la rende
possibile. Nell'ammonimento nietzschiano «il deserto cresce»
si tratta infatti di quella Entortung, come
la chiamerà Schmitt, o di quella Heimatlosigkeit,
come preferirà chiamarla Heidegger, che descrivono un medesimo
processo di sradicamento. Di più ancora: l'avanzare inarrestabile
del deserto non solo comporta l'inaridimento di ogni forma vivente, ma
anche impedisce qualsiasi crescita futura. Un'invisibile
forza corrosiva pervade allora la Terra, non solo là dove più
evidenti sono gli effetti del suo inaridirsi, ma proprio là dove
più scintillanti appaiono a prima vista i monumenti che su di essa
ogni giorno l'uomo non cessa di edificare. Deserto è dunque in
primo luogo la metropoli, brulicante spazio di un'umanità che non
ha più luogo, cui ormai è negato ogni vero abitare. Nomade
ed erratico, l'uomo della Modernità è colui che ovunque
transita, senza più essere a casa da nessuna parte.
La Geofilosofia deve dunque innanzitutto farsi sapienza del deserto, attraversarne
tutti i miraggi, sopportarne la spaesante perdita d'orientamento, senza
lasciarsi sedurre da impossibili ritorni indietro, che sarebbero fatali.
Fino a pervenire a quel limite oltre il quale
giungere in vista di un'altra Terra. Di questa
Terra la Geofilosofia deve annunciare la promessa, benché il suo
al di là sia da intendersi non altrimenti che come il già
da sempre qui. Questo è il lato profetico, escatologico e apocalittico
che accompagna la sua visione catastrofica. E' necessario attraversare
fino al suo estremo limite il dolore dell'immane
rovina del tutto, perché sia possibile scorgere, di là da
esso, ma come in esso contenuto, anche ciò che salva.
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