Home - Geofilosofia.it SITO ITALIANO
DI GEOFILOSOFIA


P. Klee, Ancient Sound

Caterina Resta

10 tesi di Geofilosofia

2. La Geofilosofia è una geopolitica

Tornata di recente in auge, soprattutto per merito di Yves Lacoste e della sua scuola, la geopolitica merita d'essere ripresa in considerazione, di là dal suo non limpido passato. Se, durante la dittatura nazionalsocialista, Karl Haushofer e più ancora i suoi discepoli offrirono non pochi spunti all'aggressiva politica espansionistica del Terzo Reich, contribuendo alla formulazione della teoria del Lebensraum, ciò non vuol dire che un approccio geopolitico sia di per se stesso condannabile. Già il concetto di Großraum, formulato da C. Schmitt in quegli stessi anni, rigettando qualsiasi connotazione etnica e razziale dello spazio, si rivela, ancora oggi, estremamente fecondo. Si tratta tuttavia, a mio avviso, in questa ripresa, di operare una decisa decostruzione nei confronti di quella "volontà di potenza territoriale" che ha segnato così profondamente la fortuna, e da ultimo il tragico naufragio, di questa disciplina. Di sganciarla cioè da quella concezione intrinsecamente espansionistica e conflittuale, fondata sul confronto violento tra i rapporti di forza in vista di un'egemonia mondiale. La stessa enfasi posta sull'allargamento dello spazio territoriale, concepito in modo spesso puramente quantitativo, risulta oggi, al di là di ogni altra valutazione, semplicemente obsoleto, essendo ormai sempre più chiaramente visibile l'aspetto piuttosto tecnico-scientifico ed economico-finanziario della potenza.
In un'epoca in cui lo Stato mondiale è già una realtà, resa ancor più palpabile dal crollo dell'Impero sovietico, e ancor più concreta dall'unificazione crescente dei mercati mondiali e delle reti telematiche, il problema di un nuovo Ordine mondiale e la ricerca di un Nomos in grado di istituirlo, non sono più rimandabili. Ad aggravare l'urgenza di questa richiesta, sta sotto gli occhi di tutti l'inquietante ritorno di conflitti a sfondo etnico, nazionalistico e religioso, che accompagna la dissoluzione di ordinamenti precedentemente imposti, ed evidentemente mai veramente accettati, tanto nella turbolenta zona dei Balcani - è il caso emblematico della ex Iugoslavia -, quanto alla periferia dell'ex impero sovietico.
La prospettiva sembra essere quella di un universo egemonizzato dall'imperialismo americano, unificato a partire da un massificante e omologante linguaggio tecnico ed economico, cui si oppone una polverizzazione di monadi senza porte né finestre, incapaci di comunicare o di aggregarsi tra loro, destinate a fomentare una perenne instabilità politica e settoriali, ma oltremodo esacerbati, conflitti. Rispetto a questa egemonia del modello occidentale nel suo complesso solo l'Islam sembra in grado di rappresentare, con la sua inquietante forza di aggregazione, una reale minaccia. Esso tuttavia non fa che aumentare i rischi involutivi di questo scenario, alimentando nazionalismo, integralismo, terrorismo, in un violento e totalitario rifiuto dell'alterità dell'altro.
Tuttavia questa prospettiva che ci è destinata può non rappresentare un "destino". Si tratta infatti comunque di una de-cisione che il nostro tempo ci impone e alla quale in nessun modo possiamo sfuggire. Un diverso Nomos può ordinare la Terra, se solo siamo in grado di accogliere sino in fondo la dissoluzione degli antichi ordinamenti, senza più nostalgie. L'ipotesi schmittiana di grandi spazi, capaci ciascuno, nel proprio ambito, di esercitare un concreto ordinamento, a partire da unità storiche e geografiche omogenee è in grado, ad esempio, di fornirci utili indicazioni in tal senso. Solo forme federative di questo genere, fondate sull'autodeterminazione dei popoli nel riconoscimento di un orizzonte culturale comune, possono evitare che l'idea imperiale del grande spazio degeneri in una volontà di potenza imperialistica. Così come solo una pluralità di grandi spazi è in grado di rompere la monotonia dell'universo, dando luogo a un pluriverso nel quale le differenze risultino non solo tangibili, ma da salvaguardare, nessuna delle quali aspirando ad un'egemonia totale, planetaria. Certo, perché esse non confliggano è necessario accedere a una diversa concezione del confronto, della forza e della potenza. Di là da ogni astratta dichiarazione di diritti di uomini astratti, ciò che davvero può e deve essere da tutti condiviso è la salvaguardia della comune differenza, la quale non genera né integrazione né conflitto, ma un confronto e un dialogo in-terminabili. Ciò esclude a priori ogni fantasia di sterminio e di cancellazione dell'altro.

indice
paragrafi : 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - Terra